Buca stradale e infortunio del pedone: il Comune non risponde. Il cittadino deve essere attento

Cassazione n. 15355/2025: confine tra imprudenza del pedone e dovere di custodia del Comune

Una buca, una frattura, nessun risarcimento: cosa ha deciso la Cassazione

Con l’ordinanza n. 15355 del 9 giugno 2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha nuovamente esaminato i limiti della responsabilità per danni causati da anomalie della sede stradale. L’episodio da cui prende origine la vicenda riguarda la caduta di un cittadino nel centro urbano del Comune di Bisceglie, a seguito della quale aveva riportato la frattura del perone sinistro.

Inizialmente, l’azione risarcitoria sembrava fondata: il primo giudice aveva dato ragione al danneggiato. Tuttavia, la vicenda processuale ha preso una piega differente. Il Tribunale ha riformato la sentenza e la Cassazione ha confermato l’esclusione della responsabilità dell’amministrazione comunale, attribuendo il sinistro alla condotta del pedone. Una decisione che apre più di una riflessione.

Il contesto dell’incidente: un buca stradale non segnalata

Nel corso dell’estate 2018, il sig. Di.Pi., mentre attraversava a piedi una strada pubblica, ha perso l’equilibrio a causa di un’irregolarità dell’asfalto. L’anomalia presente sulla strada non risultava segnalata e, per chi camminava, era difficilmente riconoscibile al primo sguardo. Il danno fisico è stato rilevante, tanto da indurre il cittadino a promuovere un’azione risarcitoria contro il Comune.

In primo grado, il giudice aveva accolto la domanda, ritenendo fondato il profilo di responsabilità a carico del Comune. Tuttavia, la Corte territoriale, in sede di appello, ha ritenuto che il danno fosse il risultato di una scelta imprudente da parte del pedone. Secondo i giudici, l’uomo avrebbe potuto scegliere un passaggio più sicuro, facilmente individuabile nelle vicinanze, e prestare una maggiore cautela rispetto alle condizioni del suolo.

Buche stradali e responsabilità civile: dove finisce il dovere del Comune?

Una regola apparentemente favorevole, ma dai contorni rigidi

L’art. 2051 del codice civile regola la responsabilità di chi ha la custodia di una cosa, prevedendo un obbligo risarcitorio per i danni che essa provoca, salvo la prova del caso fortuito. Questo istituto è frequentemente utilizzato nei giudizi per dissesto stradale.

In teoria, il danneggiato ha l’onere di dimostrare che l’evento lesivo sia stato causato dalla cosa custodita. Il custode – nel nostro caso il Comune – può esonerarsi da responsabilità soltanto dimostrando l’esistenza di un evento imprevedibile e inevitabile, tale da interrompere il nesso causale.

La giurisprudenza chiarisce che, in presenza di una condotta incauta da parte della vittima, questa può essere considerata sufficiente a interrompere la responsabilità dell’ente per il fatto lesivo. Ed è quanto ritenuto in questa vicenda: la Corte ha concluso che la buca, per come collocata e visibile, non poteva essere considerata insidia imprevedibile.

Ma il cittadino può davvero prevedere ogni insidia?

A questo punto sorge un interrogativo tutt’altro che marginale: è realistico pensare che chi cammina per strada debba continuamente scrutare il terreno e prevedere ogni possibile pericolo?

Viene spontaneo domandarsi se una scelta istintiva o una lieve disattenzione possano davvero escludere del tutto il diritto al risarcimento. La Corte ha fornito risposta positiva: quanto più l’ostacolo è riconoscibile con attenzione normale, tanto più si attenua la responsabilità dell’amministrazione.

Ma è lecito interrogarsi su dove finisce la colpa della vittima e dove comincia l’obbligo del Comune di garantire standard minimi di sicurezza urbana. Non tutte le strade sono ben mantenute. Non tutte le anomalie del manto stradale sono così palesi. E non tutte le persone hanno la prontezza o l’agilità per evitare ogni ostacolo. Pensare che un comportamento “impeccabile” escluda ogni risarcimento, anche in presenza di un difetto strutturale della strada, rischia di indebolire la funzione stessa della responsabilità civile.

Valutazione delle prove e limiti del ricorso in Cassazione

Nel ricorso per cassazione, il sig. Di.Pi. aveva eccepito anche che il Tribunale si fosse fondato su una fotografia prodotta tardivamente dal Comune, relativa a un luogo diverso. Tuttavia, la Corte ha rilevato che la decisione d’appello non si era basata esclusivamente su tale immagine, ma su un insieme di elementi, tra cui le dichiarazioni dello stesso ricorrente e altri documenti già presenti in atti.

Di conseguenza, è stato escluso qualsiasi vizio logico o giuridico nella motivazione, ritenendola pienamente legittima e coerente con i principi consolidati in materia.

L’equilibrio difficile tra prevenzione e responsabilità

La decisione, per quanto corretta sotto il profilo formale, solleva questioni di natura sostanziale. In un contesto urbano spesso segnato da incuria e manutenzione carente, al cittadino viene talvolta richiesto uno sforzo di attenzione superiore a quanto sia lecito esigere. Chi subisce un danno può sentirsi doppiamente colpito: prima dalle conseguenze fisiche dell’incidente, poi dalla negazione di ogni forma di ristoro giuridico.

Il diritto civile ha il compito di bilanciare le esigenze della collettività con la tutela della persona. Ma se ogni piccolo errore della vittima è sufficiente a sollevare il custode da responsabilità, il principio stesso della custodia rischia di svuotarsi di significato.

Conclusione

L’ordinanza della Cassazione conferma un principio giuridico ben consolidato: il custode risponde solo se il danno dipende direttamente dalla cosa, salvo che provi il caso fortuito. Ma solleva anche il bisogno di una riflessione più ampia: non sempre chi cade è colpevole, e non sempre chi gestisce lo spazio pubblico è davvero esonerato da responsabilità.

Forse è giunto il momento di ripensare il bilanciamento tra la diligenza richiesta al cittadino e gli obblighi di chi amministra il territorio. Perché, se la sicurezza resta solo un onere individuale, il diritto rischia di trasformarsi in una tutela a senso unico.