Incidente con un cane randagio in autostrada: chi risponde dei danni?
Un cane randagio che attraversa improvvisamente l’autostrada e un’auto che non riesce a evitarlo: una scena purtroppo frequente, ma dal punto di vista giuridico complessa. Chi deve risarcire i danni? Il conducente, il proprietario dell’animale (se esiste), oppure l’ANAS o il concessionario dell’autostrada?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27068 del 9 ottobre 2025, affronta nuovamente il tema della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. nei casi di incidenti causati da animali randagi, confermando un orientamento di equilibrio tra tutela degli utenti e limiti oggettivi della vigilanza stradale.
Il fatto: un cane sull’autostrada Palermo–Trapani
Il proprietario di un’autovettura, R.G.V., riferiva che il padre, mentre era alla guida, aveva impattato contro un cane randagio comparso all’improvviso sulla carreggiata, con danni per oltre 2.500 euro. Chiedeva quindi la condanna dell’ANAS (o della società concessionaria) al risarcimento, ritenendola responsabile per omessa custodia e difetto di recinzione.
Il Giudice di pace di Trapani, in primo grado, aveva riconosciuto un parziale risarcimento di 800 euro, ritenendo un concorso di colpa tra conducente e gestore. In appello, tuttavia, il Tribunale di Trapani ribaltava la sentenza: nessuna responsabilità per ANAS, che risultava aver mantenuto in perfette condizioni la recinzione e svolto regolari controlli.
Il proprietario del veicolo ricorreva in Cassazione, sostenendo che il giudice di secondo grado avesse errato nel riconoscere il “caso fortuito”.
Cosa prevede l’art. 2051 c.c.?
L’art. 2051 c.c. stabilisce che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Si tratta di una responsabilità oggettiva, che prescinde dalla colpa, ma che può essere esclusa se il custode dimostra che l’evento è stato causato da un fattore esterno, imprevedibile e inevitabile.
Nel caso concreto, il ricorrente sosteneva che la sola assenza di segnalazioni non bastasse a escludere la responsabilità di ANAS, richiamando una precedente decisione della Cassazione (sent. n. 9610/2022), riguardante un incidente simile, sempre sulla Palermo–Trapani, in cui la società concessionaria era stata ritenuta responsabile.
La decisione della Cassazione: la presenza del cane rappresenta un caso fortuito
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza della decisione del Tribunale di Trapani. Secondo i giudici, la presenza del cane sull’autostrada deve essere considerata un caso fortuito, idoneo a interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia (la strada) e il danno.
La motivazione è chiara:
il tratto autostradale non presentava varchi o difetti nelle recinzioni;
ANAS aveva dimostrato di effettuare controlli quotidiani sul manto e sulle barriere;
l’animale, privo di microchip, era un cane randagio introdottosi in modo imprevedibile.
Di conseguenza, non si può pretendere che l’ente effettui una sorveglianza ininterrotta e capillare su decine di chilometri di carreggiata. L’ingresso improvviso di un cane costituisce un evento eccezionale e imprevedibile, quindi idoneo a liberare il custode da responsabilità.
Caso fortuito e responsabilità oggettiva: il confine tracciato dalla Cassazione
La pronuncia conferma un principio costante della giurisprudenza: la responsabilità da custodia non è illimitata, ma incontra il limite del caso fortuito.
Il custode – in questo caso ANAS o il concessionario – risponde dei danni solo se il sinistro è riconducibile a una cattiva manutenzione o vigilanza. Se invece l’evento deriva da un fatto esterno non controllabile con la diligenza ordinaria, la responsabilità viene esclusa.
Il cane randagio rappresenta proprio questo tipo di evento: un animale che, nonostante le barriere, trova un varco occasionale o si introduce in tempi rapidissimi, prima che il personale possa intervenire. Un rischio statisticamente possibile, ma non prevenibile in modo assoluto.
Perché non vale il precedente del 2022
Interessante è la parte dell’ordinanza in cui la Cassazione spiega perché non ha seguito il precedente della sentenza del 2022 citata dal ricorrente. In quel caso, la responsabilità del gestore era stata affermata perché era emerso in giudizio, tramite testimonianze, che la recinzione nei pressi dello svincolo era divelta e quindi difettosa. Nella caso attuale, invece, nessuna prova simile era stata acquisita, né era stata svolta istruttoria.
La Corte sottolinea così che ogni fattispecie deve essere valutata in base alle sue prove specifiche: non è possibile applicare automaticamente una decisione precedente se cambiano gli accertamenti di fatto.
Gli effetti pratici della decisione
Per gli automobilisti
La sentenza ricorda che non basta subire un incidente in autostrada per ottenere un risarcimento. Chi agisce deve provare che:
l’evento sia stato causato da una cosa in custodia del gestore (es. recinzione difettosa, ostacolo, buca, oggetto sulla carreggiata);
non ricorra un caso fortuito, come appunto il passaggio improvviso di un cane o altro animale selvatico.
Se non c’è prova di difetti nella manutenzione o omissioni nei controlli, la richiesta di risarcimento viene rigettata.
Per ANAS e concessionari
La pronuncia conferma l’importanza di documentare le attività di manutenzione e vigilanza. Registri giornalieri, report di verifica e fotografie dei tratti controllati sono strumenti decisivi per dimostrare la diligenza richiesta dall’art. 2051 c.c. La prova di un sistema di sorveglianza efficiente consente di escludere responsabilità anche in presenza di danni gravi.
Sicurezza e limiti oggettivi
Con questa ordinanza, la Suprema Corte adotta un approccio realistico. Pur ribadendo il dovere di custodia, riconosce che non è possibile eliminare ogni rischio sulle infrastrutture autostradali. Non si può chiedere ad ANAS di prevedere l’imprevedibile, come l’irruzione improvvisa di un animale randagio.
La sicurezza resta un dovere, ma entro i limiti della ragionevolezza e della possibilità umana. Solo quando il pericolo è prevedibile e non viene evitato per negligenza, scatta la responsabilità.
Conclusioni: nessun risarcimento per il cane randagio
L’ordinanza n. 27068/2025 si chiude con il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese. La Cassazione conferma che, in mancanza di prova di difetti strutturali o omissioni di vigilanza, ANAS non può essere ritenuta responsabile per incidenti causati da animali randagi.