Commento alla Sentenza Cass. civ., sez. lav., ord., 5 febbraio 2025, n. 2806: Illegittimità del Licenziamento e Protezione della Privacy
La sentenza della Corte di Cassazione n. 2806 del 5 febbraio 2025 affronta tematiche di rilevante importanza nel diritto del lavoro, con particolare riferimento alla legittimità del licenziamento disciplinare in presenza di violazioni della normativa sulla privacy e di abusi nell'utilizzo di permessi previsti dalla L. 104/1992. In questo articolo, analizzeremo il caso specifico, le argomentazioni delle parti, le motivazioni della Corte d'Appello e della Corte di Cassazione, nonché le implicazioni pratiche per i datori di lavoro e i lavoratori.
Il Caso: Licenziamento Disciplinare e Contestazioni
La vicenda giudiziaria ha origine dal licenziamento disciplinare inflitto dalla Banca (OMISSIS) S.P.A. al dipendente S.O.C. con lettera del 10 marzo 2017. Il provvedimento era motivato da tre principali contestazioni:
- Violazione della normativa sulla privacy: il lavoratore avrebbe effettuato accessi non autorizzati ai conti correnti di terzi senza una legittima ragione di servizio.
- Abuso del permesso ex L. 104/1990: il dipendente avrebbe utilizzato un giorno di permesso per finalità non conformi all'assistenza del familiare disabile.
- Opposizione al trasferimento: inizialmente consenziente al trasferimento presso un'altra filiale, il lavoratore avrebbe poi opposto un rifiuto, invocando la tutela della L. 104/1990.
La Corte d'Appello di Trieste, con sentenza n. 39/2022, aveva confermato la decisione del Tribunale di primo grado, dichiarando l'illegittimità del licenziamento e disponendo la reintegrazione del lavoratore, oltre al risarcimento del danno.
Le Argomentazioni della Banca e del Lavoratore
La banca ha impugnato la sentenza con sei motivi di ricorso, sostenendo che:
- La Corte d'Appello avrebbe erroneamente minimizzato la gravità della violazione della privacy, nonostante la giurisprudenza consolidata ritenesse illeciti simili comportamenti.
- Il comportamento del lavoratore, nel suo complesso, avrebbe leso il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
- L'affissione del codice disciplinare non sarebbe necessaria per sanzionare condotte palesemente contrarie ai principi di correttezza e buona fede.
- Il rifiuto del trasferimento avrebbe dovuto essere qualificato come insubordinazione.
Il lavoratore, dal canto suo, ha proposto ricorso incidentale, sostenendo che il licenziamento avesse natura ritorsiva e contestando la compensazione delle spese legali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso principale per quanto concerne tre motivi fondamentali:
- Violazione della privacy: La Cassazione ha ritenuto che l’accesso abusivo ai conti correnti di clienti e colleghi, se non giustificato da esigenze di servizio, costituisca una grave violazione dell’obbligo di fedeltà e riservatezza, come stabilito dalle sentenze precedenti (Cass. n. 6893/2018; Cass. n. 19588/2021).
- Affissione del codice disciplinare: Non è necessaria se il comportamento contestato è chiaramente illecito e contrario al minimo etico, secondo la giurisprudenza costante (Cass. n. 13906/2013; Cass. n. 22626/2003).
- Insubordinazione: La Cassazione ha rilevato che il lavoratore aveva dapprima accettato il trasferimento, salvo poi opporsi, causando disfunzioni organizzative. Questo comportamento integra una forma di insubordinazione idonea a giustificare il licenziamento disciplinare.
Di contro, la Corte ha rigettato il sesto motivo della banca, relativo all’abuso del permesso ex L. 104/1992, ritenendo che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato la giurisprudenza in materia di assistenza indiretta ai familiari disabili (Cass. n. 19580/2019).
Inoltre, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del lavoratore, ritenendolo privo di specificità e carente nella dimostrazione del presunto intento ritorsivo del licenziamento.
Implicazioni
La sentenza n. 2806/2025 riveste una particolare rilevanza per il diritto del lavoro, poiché chiarisce importanti principi:
- Tutela della privacy: Gli accessi indebiti ai dati aziendali, se non giustificati da esigenze di servizio, possono giustificare il licenziamento per giusta causa.
- Affissione del codice disciplinare: Non è necessaria per comportamenti manifestamente contrari a norme di legge e principi etici fondamentali.
- Insubordinazione: Non si limita al mero rifiuto di un ordine, ma comprende anche condotte elusive che pregiudicano l’organizzazione aziendale.
- Abuso dei permessi L. 104/1992: Il concetto di assistenza non implica un controllo continuo del familiare disabile, purché l’assenza dal lavoro sia funzionale alla sua cura.
Conclusioni
La pronuncia della Cassazione, nel confermare la rilevanza disciplinare degli accessi indebiti ai dati aziendali e dell'insubordinazione, rappresenta un importante punto di riferimento per la gestione dei rapporti di lavoro, soprattutto in settori sensibili come quello bancario. Al tempo stesso, il rigetto della censura sull’abuso dei permessi L. 104/1992 tutela il diritto dei lavoratori a un utilizzo flessibile di tali permessi, purché finalizzato all’assistenza effettiva del familiare.
Questa decisione impone ai datori di lavoro una maggiore attenzione nella gestione delle violazioni disciplinari, evitando disparità di trattamento tra i dipendenti, e ai lavoratori la consapevolezza delle responsabilità connesse all’utilizzo di strumenti aziendali e benefici normativi. La sentenza ribadisce, infine, la necessità di un bilanciamento tra il potere disciplinare del datore di lavoro e la tutela dei diritti del dipendente, nel rispetto della normativa vigente e della giurisprudenza consolidata.