La vicenda
La vicenda è più frequente di quanto si pensi: un locatore intima lo sfratto per morosità, l’inquilino chiede il cosiddetto “termine di grazia” per rimettersi in pari, poi però non paga entro il tempo fissato. Il giudice convalida lo sfratto con ordinanza ex art. 663 c.p.c.; l’inquilino tenta la via dell’appello sostenendo che la convalida sarebbe viziata. La Cassazione, con decisione n.4 616 depositata il 14 febbraio 2023, ha ricordato perché, in casi simili, l’appello è inammissibile e quale sia il rimedio corretto.
Il caso nasce a Viterbo. Il locatore promuove convalida di sfratto per morosità; l’intimato chiede il termine di grazia e il giudice lo concede. Trascorso il termine senza pagamento integrale, arriva l’ordinanza di convalida. L’inquilino impugna in appello, ma la Corte d’appello di Roma dichiara inammissibile il gravame: avendo richiesto il termine, la parte ha assunto una posizione incompatibile con l’opposizione alla convalida; e, mancata la sanatoria, l’ordinanza è correttamente emessa ai sensi dell’art. 663 c.p.c., con l’unico rimedio dell’opposizione tardiva di cui all’art. 668 c.p.c., non l’appello. La vicenda approda in Cassazione, che conferma.
Termine di grazia: effetti e principio applicato
Il cuore della decisione è tutto in un passaggio: la domanda di termine di grazia implica, secondo giurisprudenza costante, una volontà solutoria prevalente e dunque incompatibile con la scelta di contestare la convalida. Non è un tecnicismo: chiedendo il termine ex art. 55 l. 392/1978, l’inquilino dice in sostanza “non discuto il debito, chiedo tempo per pagare”. Da questo consegue che l’esito del procedimento non dipende più dall’opposizione (art. 665 c.p.c.), ma da un fatto oggettivo: il pagamento integrale entro il termine fissato. Se il pagamento non avviene, il procedimento “ritorna indietro” alla fase della convalida e il giudice convalida lo sfratto; la legittimità dell’ordinanza, in tale cornice, non si discute con appello, ma – semmai – con opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., là dove ne ricorrano i presupposti.
La Corte lo dice esplicitamente richiamando il proprio orientamento: l’appello è ammesso contro l’ordinanza di convalida solo quando si deduce che essa sia stata emessa in difetto dei presupposti di legge; diversi sono i casi in cui l’ordinanza segue alla mancata sanatoria dopo termine chiesto dall’intimato. Qui, infatti, il provvedimento è “correttamente pronunciato” e non rientra nelle ipotesi appellabili.
Autosufficienza del ricorso: perché la censura è caduta
C’è poi un profilo processuale che la Cassazione non trascura: chi ricorre deve riprodurre in modo puntuale gli atti e i passaggi su cui fonda le censure (art. 366, n. 6, c.p.c.). Nel caso, mancavano la trascrizione del verbale in cui sarebbe stata formulata la richiesta, la collocazione nel fascicolo, il tenore del provvedimento che ha concesso il termine, la localizzazione di memorie e allegati. Senza questi elementi, il giudice di legittimità non può verificare “come” si sia svolta la fase decisiva; la censura implode anche per violazione delle regole di autosufficienza del ricorso.
Indicazioni pratiche per le parti
La sentenza offre due messaggi chiari ai protagonisti delle locazioni. Per gli inquilini: chiedere il termine di grazia è una scelta utile quando si hanno concrete possibilità di sanare entro il termine; altrimenti rischia di trasformarsi in un boomerang. Se non si paga, l’ordinanza di convalida seguirà quasi automaticamente, e la via dell’appello è, salvo vizi radicali, preclusa. Il rimedio giusto diventa l’opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., che ha presupposti stringenti e non coincide con un secondo grado “di merito” sul debito. Chiedere il termine “per vedere l’effettiva entità” delle somme o per attendere un contributo pubblico – come nel caso, con riferimento alla morosità incolpevole – non cambia la natura della scelta processuale: il termine resta un istituto volto a pagare, non a sospendere sine die il procedimento.
Per i locatori, il principio è di grande importanza pratica: la richiesta di termine da parte dell’intimato “cristallizza” l’incompatibilità con l’opposizione; se allo scadere non c’è sanatoria integrale, l’ordinanza ex art. 663 c.p.c. è la conseguenza naturale. Sarà comunque opportuno curare gli adempimenti formali (ex art. 663, ultimo comma, l’attestazione della persistenza della morosità) e vigilare sulla completezza del quadro contabile, specie quando vi siano oneri accessori, interessi o spese da quantificare. Il contenzioso residuo tende a spostarsi, non a caso, sull’esecuzione o su incidenti ex art. 668 c.p.c., non sull’appello nel merito della convalida.
Scelte consapevoli in fase di convalida
La decisione, letta in controluce, invita entrambe le parti a una gestione realistica della fase della convalida. L’inquilino che dubita dell’an o del quantum del debito e dispone di argomenti sostanziali farebbe bene a non imboccare automaticamente la strada del termine di grazia, ma a valutare un’opposizione vera, con allegazione e prova; se invece l’obiettivo è pagare, il termine è lo strumento giusto, ma va affrontato con rigore: capienza delle risorse, tempi certi, copertura integrale, documenti in ordine. Il locatore, dal canto suo, dovrebbe evitare automatismi: la richiesta di termine può essere l’occasione per una verifica contabile seria e per un dialogo pragmatico che, in taluni casi, chiude la vicenda senza aggravare tempi e costi.
Conclusione
Il termine di grazia serve a pagare e chiudere il debito, non ad aprire nuove impugnazioni. Se il pagamento manca, l’ordinanza di convalida segue ed è, di regola, non appellabile; il rimedio è, eventualmente, l’opposizione tardiva. Conoscere questo snodo consente a chi conduce e a chi è condotto di fare scelte consapevoli, evitando impugnazioni improprie e costi inutili. Se ti trovi in una procedura di sfratto per morosità e devi decidere tra opposizione e termine di grazia, è prudente valutare subito pro e contro, somme in gioco, tempi di pagamento e documenti necessari. Per un inquadramento concreto del tuo caso, può essere utile un confronto con un avvocato esperto in sfratti a Roma.