Telepass e controllo del lavoratore Sentenza Cass. civ., sez. lav., ord., 3 giugno 2024, n. 15391

Commento alla Sentenza Cass. civ., sez. lav., ord., 3 giugno 2024, n. 15391

Introduzione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15391 del 3 giugno 2024, offre l'opportunità di approfondire questioni di grande interesse in materia di utilizzo di strumenti tecnologici per il controllo dell'attività lavorativa e i loro limiti giuridici. Il caso in esame verte sull'illegittimità di un licenziamento disciplinare, connesso all'uso di dati acquisiti tramite strumenti tecnologici, tra cui un dispositivo Telepass, e alla corretta applicazione dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), così come modificato dall'art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015.

I fatti di causa

Le tappe principali

Il lavoratore, tecnico trasfertista, era stato licenziato per motivi disciplinari dalla società datrice di lavoro in seguito a presunte irregolarità rilevate nell’esecuzione delle sue mansioni. Il datore di lavoro aveva utilizzato dati acquisiti mediante due strumenti tecnologici:

Sistema informatico (palmare): impiegato per tracciare l'attività del lavoratore.

Telepass: dispositivo installato sull'autovettura aziendale, che permetteva di monitorare gli spostamenti.

Il Tribunale di primo grado aveva confermato la legittimità del licenziamento. Tuttavia, la Corte d'appello di Ancona, riformando tale decisione, aveva annullato il recesso, dichiarando l'estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condannando la società al pagamento di un'indennità risarcitoria pari a otto mensilità.

La pronuncia della Corte d'Appello

La Corte d'appello aveva rilevato che:

I dati acquisiti tramite il palmare erano utilizzabili, poiché la società aveva dimostrato di aver rispettato l'obbligo di informativa ai sensi dell'art. 4, comma 3, Statuto dei Lavoratori.

I dati derivanti dal Telepass non erano utilizzabili, essendo mancata una preventiva e adeguata informazione al lavoratore sull'uso del dispositivo e sui controlli effettuati.

Le irregolarità contestate sulla base dei dati legittimamente utilizzabili non configuravano un inadempimento contrattuale di gravita tale da giustificare il licenziamento.

Le questioni giuridiche

La decisione si snoda attorno a due temi centrali:Il regime di utilizzabilità dei dati derivanti da strumenti tecnologici per finalità disciplinari.La qualificazione della gravità dell'inadempimento contrattuale necessario per giustificare il licenziamento disciplinare.Analisi della sentenzaUtilizzabilità dei dati: il ruolo dell’art. 4 dello Statuto dei LavoratoriL'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori disciplina l'utilizzo di strumenti tecnologici che consentono il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. 

Con la modifica apportata nel 2015, la norma distingue tra:

Strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (comma 2);

Altri strumenti che comportano controlli a distanza indiretti (comma 1).

Nel caso di specie:

Palmare: la società aveva rispettato gli obblighi informativi, rendendo i dati utilizzabili.

Telepass: la Corte ha ritenuto che mancasse un’adeguata informativa, rendendo i dati acquisiti attraverso tale dispositivo inutilizzabili. 

Questo approccio è conforme all’interpretazione della giurisprudenza, secondo cui l'obbligo informativo è condizione imprescindibile per l'utilizzo dei dati a fini disciplinari.

La natura del controllo tecnologico

Un punto rilevante è la qualificazione del Telepass come strumento che permette il controllo a distanza, anche se postumo, degli spostamenti del lavoratore. 

La Corte ha sottolineato che, indipendentemente dalla modalità di acquisizione dei dati (diretta o tramite un soggetto terzo), l'utilizzabilità è subordinata al rispetto del principio di trasparenza.

La valutazione dell’inadempimento contrattuale

Un ulteriore aspetto centrale riguarda la valutazione della gravità delle violazioni contestate. 

La Corte ha rilevato che:

I ritardi e le inesattezze nella redazione dei rapporti di lavoro non costituivano un "notevole inadempimento" ai sensi dell'art. 3 della L. n. 604/1966.

La valutazione di proporzionalità tra la condotta contestata e la sanzione del licenziamento è stata condotta tenendo conto della natura delle mansioni svolte e delle circostanze specifiche.

Questo approccio si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale che richiede un esame rigoroso della proporzionalità del licenziamento rispetto all'inadempimento addebitato.

Il giudizio della Cassazione

La Cassazione ha rigettato il ricorso della società datrice di lavoro, confermando la decisione della Corte d'appello.

In particolare, ha sottolineato:

La corretta applicazione dell'art. 4 Statuto dei Lavoratori, ribadendo che l'informativa preventiva è una condizione essenziale per l'utilizzabilità dei dati acquisiti tramite strumenti tecnologici.

L'adeguatezza della motivazione della Corte d'appello, che aveva analizzato in maniera dettagliata sia i profili di utilizzabilità dei dati sia la proporzionalità della sanzione disciplinare.

L'inammissibilità delle doglianze relative a questioni di fatto già esaminate nei precedenti gradi di giudizio.

Implicazioni pratiche e riflessioni

Implicazioni per i datori di lavoro

La sentenza evidenzia la necessità per i datori di lavoro di:

Fornire una informativa chiara e dettagliata sui dispositivi tecnologici messi a disposizione dei dipendenti e sulle modalità di controllo;

Assicurarsi che i dati acquisiti siano utilizzati nel rispetto delle normative sulla privacy e sul trattamento dei dati personali;

Valutare con attenzione la gravità delle condotte contestate, tenendo conto del principio di proporzionalità tra violazione e sanzione.

Riflessioni sulla tutela del lavoratore

La pronuncia rappresenta un importante presidio a tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore, rafforzando il principio secondo cui il controllo tecnologico deve essere sempre bilanciato con i diritti fondamentali del dipendente. Inoltre, essa conferma l'importanza della trasparenza nei rapporti di lavoro, evitando che il datore di lavoro utilizzi strumenti tecnologici in modo arbitrario o lesivo della privacy.

Conclusioni

La sentenza Cass. civ., sez. lav., ord., 3 giugno 2024, n. 15391, si pone come un tassello significativo nella giurisprudenza sul rapporto tra tecnologie e diritto del lavoro. Essa ribadisce la centralità del rispetto delle regole in materia di utilizzo di strumenti tecnologici e controllo a distanza, offrendo indicazioni chiare sia ai datori di lavoro sia ai lavoratori su diritti e doveri reciproci. Il principio di trasparenza emerge come fondamentale per garantire un corretto equilibrio tra esigenze aziendali e tutele individuali, confermando il ruolo cruciale dello Statuto dei Lavoratori anche nell'era digitale.