Un colpo di racchetta all’occhio: di chi è la responsabilità? Cassazione ord. 22.09.2025, n. 25789

Il fatto 

Durante un torneo interno di squash organizzato presso un centro sportivo, un giocatore subisce una grave lesione all’occhio sinistro (perdita del visus 9/10) colpito dalla racchetta dell’avversario nel corso di un rapido scambio a distanza ravvicinata. La vittima cita in giudizio:

1) l’avversario che ha eseguito il colpo;

2) la società che gestisce il centro e organizza il torneo;

3) l’istruttore indicato dal centro.

Le pretese sono formulate ex art. 2043 c.c. e, verso ente/istruttore, anche su base contrattuale e ex art. 2050 c.c. (attività pericolosa), imputando, tra l’altro, la mancata imposizione/sollecitazione di occhiali protettivi e l’assenza di un arbitraggio efficace.

Tribunale e Corte d’appello rigettano. La Cassazione (sez. III, ord. 22 settembre 2025, n. 25789) conferma integralmente.


I motivi principali e le risposte della Corte

1) Nullità della sentenza emessa dal giudice onorario? No

L’attore eccepisce la nullità della sentenza di primo grado poiché pronunciata da giudice onorario. La Cassazione precisa che si trattò di assegnazione del procedimento al giudice onorario (non su delega del togato). Alla luce dell’art. 106 Cost. e dell’orientamento consolidato, il giudice onorario può decidere qualsiasi causa salvo espresso divieto di legge; non ricorre un vizio di costituzione del giudice ex art. 158 c.p.c.. Cade, quindi, anche la richiesta di rimessione al primo grado.

2) Art. 2050 c.c. eccezione tardiva: inammissibilità

L’inquadramento dell’azione anche “da attività pericolosa” è stato specificato solo in comparsa conclusionale in primo grado. La Corte conferma l’inammissibilità per tardività: le nuove cause petendi non possono essere proposte in conclusionale e non possono essere avanzate in appello. Da qui l’irrilevanza delle prove.

3) Regole sugli occhiali protettivi e ruolo dell’organizzatore

Nel merito ex art. 2043 c.c., la Corte valorizza il dato, accertato dai giudici di merito, che la raccomandazione all’uso degli occhiali protettivi, desumibile dal regolamento sportivo, è rivolta ai giocatori. Non esiste una norma che imponga all’organizzatore un obbligo di vigilanza impeditiva tale da arrestare il gioco in mancanza di occhiali, specie in un match tra giocatori esperti. Non si configura, quindi, una posizione di garanzia ulteriore in capo al centro o all’istruttore per il solo fatto di aver ospitato/organizzato il torneo o proposto un istruttore.

4) Arbitraggio e spazi ridotti: nessuna colpa organizzativa

Sulla lamentata l’assenza di un arbitraggio “idoneo”, la Corte osserva che, nella dinamica tipica dello squash (spazi ristretti, movimenti veloci, contatti potenzialmente inevitabili), l’evento si è sviluppato come azione di gioco funzionalmente collegata all’attività agonistica. Anche ammettendo che l’arbitro possa interrompere per mancanza di spazio, in concreto non è stato provato che un intervento tempestivo avrebbe evitato il contatto. Le censure che invocano un diverso apprezzamento della rapidità dell’azione e della reale possibilità di intervento sono fattuali e, come tali, inammissibili in sede di legittimità.

5) Scriminante sportiva: rischio accettato e colpo “di gioco”

Richiamando il consolidato orientamento sulla scriminante sportiva, la Cassazione ribadisce che il fatto lesivo occorso nel contesto dell’azione di gioco, in una disciplina che comporta contatti/eventi pericolosi fisiologicamente connessi alla pratica , rientra nel rischio consentito/accettato. Per superare la scriminante occorre dimostrare una violenza gratuita o una condotta radicalmente avulsa dal gesto tecnico. Il tentativo di costruire ciò sull’“ammissione” dell’avversario (prosecuzione del braccio dopo l’impatto) viene qualificato dalla Corte come rilettura fattuale: non basta a dimostrare l’extrafunzionalità del gesto rispetto al gioco.

6) Responsabilità contrattuale del centro/istruttore: nesso causale mancante

L’attore evoca l’abbonamento e le lezioni per fondare obblighi di formazione/sicurezza. La Corte conferma la valutazione d’appello: nesso causale non provato tra eventuali omissioni formative e l’episodio, che si colloca come gesto tecnico in gara tra praticanti non principianti. L’asserita “illustrazione dovuta” delle modalità sicure non colma il difetto di causalità  accertato in fatto dai giudici di merito (valutazione non rivedibile in cassazione).

7) Spese: regola della soccombenza

Nessun vizio nella statuizione sulle spese. La compensazione è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito; il mancato utilizzo non necessita di motivazione specifica. La soccombenza si valuta sull’esito finale della lite, non su profili preliminari.


Per i gestori di impianti/organizzatori

  • Regolamenti: distinguere tra raccomandazioni agli atleti e obblighi organizzativi. Se si vuole contenere il rischio, adottare regole chiare e vincolanti (es. obbligo DPI per categorie/tornei), con comunicazione tracciabile e controlli coerenti.

  • Arbitraggio: definire criteri minimi di idoneità (anche per età/competenza), istruzioni sull’interferenza e un protocollo di stop; ma evitare di “promettere” poteri impeditivi irrealistici rispetto alla velocità del gioco.

  • Informazione: fornire informative scritte su rischi tipici e raccomandazioni (occhiali), senza sovraccaricare l’organizzatore di posizioni di garanzia non gestibili.

Per i difensori 

  • Prova oltre il rischio accettato: servono elementi qualitativi sulla anormalità del gesto (violenza gratuita, colpo scomposto estraneo al gioco) o sulla violazione di regole cogenti, non semplici “male esecuzioni” tecniche.

  • Organizzazione: se si imputa colpa al centro, dimostrare un obbligo specifico violato (non mere raccomandazioni), e il nesso tra omissione e evento (es. obbligo DPI violato + controlli possibili + evitabilità).

  • Tempistica delle domande: l’invocazione dell’art. 2050 c.c. va impostata da subito; la “riqualificazione” in conclusionale è destinata a cadere.

Per i difensori degli atleti

  • Scriminante sportiva: documentare il collegamento funzionale del gesto (fase di scambio, distanza, necessità tecnica) e la tipicità del rischio nella disciplina; valorizzare regolamenti e prassi.

Conclusioni 

La Cassazione conferma il perimetro: negli sport intrinsecamente rapidi e di contatto “strumentale” come lo squash, la lesione occorsa durante un gesto tecnico tipico rimane coperta dalla scriminante sportiva, salvo prova diversa.  Le raccomandazioni regolamentari su DPI non si trasformano, da sole, in obblighi di vigilanza per organizzatore/istruttore.